venerdì 10 ottobre 2014

rastrellamenti partigiani dell'ottobre 1944



IL DIARIO DI SAM (FRANCO MANZOTTI)


Mercoledì 4 ottobre 1944
Nevica, c’è una bufera terribile: la colonna dei Partigiani cammina lentamente fra il nevischio: si canta sottovoce la nostra canzone “fischia il vento” che si accorda benissimo con tutto ciò che ci circonda.
La marcia è dura, ma i Partigiani marciano allegri, sanno che si incontreranno con il nemico, sanno che porteranno un aiuto valido ai loro compagni attaccati.

Giovedì 5 ottobre 1944
Si marcia bene a passo lento ma continuo; è una colonna magnifica; 110 partigiani! Armati bene si, equipaggiati alla buona: parecchi come me non possono dire di avere scarpe: ce ne sono diversi con i peduli!
L’acqua aumenta di intensità, ma si marcia ugualmente. Si arriva al “Passo del Toro” il posto più duro e più difficile: la neve è alta. La pattuglia che ci precede di qualche 100 metri batte la pista in modo magnifico.
Il Passo viene superato in poco meno di un’ora, i ragazzi rendono il massimo.
Alle 19 siamo in vista di Foppabona circa 20’ dalla “Grassi”. Passiamo davanti alle baite ci si vede ancora un poco, decidiamo di proseguire. Commettiamo un errore che ci potrebbe costar caro!
Non abbiamo fatto più di 300 metri, che un nebbione fittissimo ci circonda. È inutile continuare, non si sa più dove si va! Dietro front a tutta la colonna.
Decidiamo di dormire o meglio di formare dei gruppi di uomini, uno gettato sopra all’altro, e così di passare la notte.
E’ una notte infame, piove, tira vento, minaccia ancora una bufera.
Ci gettiamo uno sopra l’altro. Dovrò ricordare per sempre le cura veramente materne di Angelo e Gildo: essi mi aiutano in tutto.
Ho le mani intirizzite, i piedi gelati. Ci but-tiamo in un mucchio . Sam – Gildo – Angelo – Rino – Giovanni – Bruno. Mangio un po’ di galletta e ho freddo e fame. Ci stringiamo tutti uniti, sopra ci ricoprono le coperte già macere e pesantissime per la pioggia. Intorno a me è uno spettacolo indescrivibile:  mucchi informi, qualche bisbiglio, qualche richiamo. Il morale non è per nulla scosso sebbene la situazione non sia brillante, tutt’altro! Lo spirito Partigiano non cede: ci sentiamo più forti che mai: qualcuno motteggia,trova ancora il tempo per scherzare!
Comincio a sentire i piedi freddissimi, mi levo le scarpe: qualche soffio di vento gelato si infiltra sotto le coperte: l’umidità penetra pian piano nelle ossa: ci stringiamo sem-pre più uno contro l’altro.
Una pattuglia del “C.Marx” parte in ricognizione. Dopo un poco si sentono grida di ri-chiamo, hanno trovato le baite!
Non si distingue ciò che dicono chiaramente.
Dopo un po’ di richiami ci alziamo per raggiungerli nella nebbia; il freddo è intenso,tutti gli uomini sono maceri, nessuno ha mangiato eppure nessuno si lamenta!
Sono magnifici questi Partigiani!
Raggiungiamo le baite. Non ci sembra vero di vedere un tetto, un fuoco acceso, un po’ di calore che ci circonda. Bruciamo tutto, gambe, madie, tutto ciò che è legno. Gildo ed Angelo mi preparano il posto nel po’ di fieno che sta sopra.
Passiamo la notte così, uno vicino all’altro ma non più all’aperto.
Fuori la bufera è incessante, aumenta sempre di intensità! Faccio asciugare tutto, mi sento alquanto bene.
La vita Partigiana è bella, perché piena di imprevisti, di fatti nuovi che si accavallano con vorticosa rapidità.
Anche oggi è passato, una grande gioia è in me; i Partigiani hanno affrontato una lunga marcia, una sosta all’addiaccio con una fierezza, un senso del dovere che commuove.

Domenica 8 ottobre 1944

Ore 19 arriva Gildo, sudato, bagnato, avvilito porta notizie gravi.
La squadra del “C.Marx” partita questa notte per “insaccare” i fascisti è stata “insaccata”. Attaccata improvvisamente a colpi di mortaio e di mitragliatrice pesante, fu un fuggi fuggi generale: sembra vi siano dei morti.
Sono quasi convinto che ciò è dovuto a cause evidenti: imboscate tese senza convinzione, con leggerezza, sicuri di essere sempre i più forti.
Svalutazione esagerata ed errata sul coraggio e la preparazione tecnica del nemico. Se si pensasse che essi sono armati meglio di noi, che davanti alla morte tutti combattono con lo spirito fortissimo di conservazione; ciò certamente non succederebbe.
Arrivano alla spicciolata i vari sbandati tutti insistono dicendo che fu un fuoco improvviso, bestiale, scatenato da tutte le parti.
Parecchi mancano ancora all’appello, rientrano i mortaisti: il tiro fu ben fatto, parecchi colpi sono caduti nel parco della villa. Attendo notizie certe.
Da Premana si sa con certezza che il morale fascista è rimasto scosso in seguito al bombardamento di ieri sera.
Un ferito fra la popolazione civile. Sono sempre in ansia per coloro che non sono ancora tornati. Fra costoro vi è Pucci– Andrea- Guglielmo – tre miei compaesani. Mi dicono che Pucci fu visto cadere nettamente colpito dalla pesante. Mi dice Toni di Premana che Pucci lo chiamò dicendo << Vieni Toni che sto morendo >>. Non mi so raccapezzare come mai Pucci sia caduto, un gran bravo ragazzo , molto ubbidiente, non so se valoroso perché mai visto alla prova.
La sua morte ha addolorato tutto il Distaccamento, era rinomato ed amato per la sua sveltezza. Sono profondamente addolorato, non so come potrò dare notizia alla famiglia.
Di Ernesto – di Guglielmo tutti ignorano la sorte.
Lunedì 9 ottobre 1944

Ritorno all’accantonamento, mi aspetta la più bella sorpresa : Pucci è rientrato.
Per me è come rivedere un morto, resto ammutolito, non so cosa dire tanto è grande la gioia che mi sorprende. Ne mancano ancora due, ma ho fiducia che anch’essi torneranno.
Il tempo è qualche cosa di indecente: piova a dirotto, ovunque fango e nebbia: non fa nulla abbiamo fede nella nostra giusta lotta,siamo sicuri che questi sacrifici daranno senz’altro i loro frutti.
Rientra la pattuglia da Introbio, nulla di nuovo, sembra che i fascisti se ne vadano domani.
Martedì 10 ottobre 1944

Dalle 14.30 mancano Gildo – Angelo – ( ----- ). Non so spiegarmi il perché, il motivo della loro diserzione: proprio in questi momenti in cui tutti dobbiamo essere vicini per essere forti, gli anziani, quelli che io davanti al pericolo giudicavo i più decisi se ne vanno.
Qualcuno mi dice che li ha sentiti mormorare che l’armamento è pessimo: ma non lo sapevano prima? Perché se ne sono andati così, senza nemmeno dirmi il motivo, senza salutarmi?
Consiglio e ordino a Pepp di uscire questa notte con una pattuglia, per sondare le intenzioni ed i movimenti del nemico, dato che le voci del popolo assicurano che vogliono puntare, entrare, bruciare tutta Biandino.
Mercoledì 11 ottobre 1944
Mi sveglio alle 5: c’è la luna, mi arrabbio con Pepp perché non è ancora uscito a prendere posizione: sento che oggi vi sarà battaglia, sono spiritualmente pronto ad affrontare qualsiasi situazione.
Ore 8 – Incomincia l’attacco! Sostenuto da un fuoco alquanto possente di mortai, di armi pesanti, il nemico attacca improvvisamente: la pattuglia del “Croce” che tiene Abi sopra di noi si lascia sorprendere.
Padroni della cresta il nemico crivella la valle con tutte le armi: il corpo di guardia del “C.Marx” situato nelle baite della Scala è preso dall’alto e deve abbandonare il posto.
Io sono solo con Piero e due ragazzi di Piazzo
.
Esco dal “Tavecchia” tento di osservare con il binocolo ma sono subito inquadrato nel tiro.
La situazione precipita, per noi non c’è nulla da fare; scende precipitosamente un Partigiano da Abi, fatto segno di un fuoco che è veramente tragico.
Mi dà le seguenti notizie: il Comandante Ugo con tutti gli uomini ( 16 circa) è rimasto circondato nelle baite, la sua fine è segnata. Tento di organizzare subito una squadra di soccorso ma siamo in 3 e poi vedo la baita circondata e già fumante. Mi ritiro verso la Pio, con Mario e l’interprete Russo; vedo gli SS scendere precipitosamente, dove passano incendiano! Pur odiandoli, pur soffrendo  li ammiro per il loro coraggio, per la loro estrema decisione.
Non ho nozione del tempo: nessuno di noi ha l’orologio. (----------) l’All. Uff. Rossi, l’avrò tutto il giorno con me, mi ha dato prove di essere un ottimo ragazzo. Brucia il Tavecchia, la S.E.L., poi la Pio X, Biandino è distrutto; tutte le nostre basi sono schiantate: vedo tutto ciò con uno strazio indicibile: lì avevo passato giorni felici, lì avevamo organizzato tutto il nuovo movimento partigiano: ho l’impressione che tutto sia schiantato, che la nostra organizzazione non esista più.
Osservo i SS, salire verso la “Grassi”, esco dal rifugio e vado in cerca dei compagni:nessuno! Prima della S.E.L. una voce mi chiama, è Toni: mi informa che probabilmente Pepp – Guerino – Nino, sono caduti in imboscata, Toni è agitatissimo, non capisce più nulla.
Scendo con Mario alla ricerca di eventuali feriti o morti. Passate le Scale, scorgo un uomo a terra, ci vede, si rialza barcollante: mi avvicino, è Guerino pallidissimo, ansante col ventre insanguinato, perde un pezzo di budella.
Lo trasportiamo piano piano verso le baite:sono certo che non vedrà l’alba. Dimostra un coraggio veramente leonino: sorride pure conscio e persuaso della sua fine.
Mi sento nuovamente chiamare: credo sia un altro ferito, è invece Vincenzo che sbuca fuori sano e salvo, tremante e bagnato fradicio.
Mentre Mario e Vincenzo trasportano Guerino,io scendo ancora verso la valle alla ricerca di altri compagni: dopo un po’ Mario mi chiama, è arrivato Carletto (Roberto) il fratello di Guerino. Li lascio mentre corro in Biandino alla “Chiesetta del Fulat”, per pigliare un po’ di medicinali.

Parte Rossi con lo zaino mentre io mi asciugo alla stufa, sono alquanto stanco, mi addolora la fine di Guerino: il primo caduto del “C.Marx” del I^ Btg. Arriva più tardi Mario ci scaldiamo ancora un po’, poi andiamo a dormire.
Giovedì 12 ottobre 1944
Ci alziamo presto: partiamo alla ricerca di altri compagni. Giriamo intorno alle baite,agli alberghi bruciati: troviamo qualche coperta, qualche giacca: sembra proprio che siano passati dei barbari!
Scendiamo per vedere Guerino:troviamo lungo la strada Rossi e Vincenzo: la notizia che mi danno non mi sorprende:
Alle 23,30 circa il Patriota Guerino del “C.Marx” in piena lucidità di mente ha cessato di vivere.
Vado a vederlo: in una grotta sotto un sasso giace il Patriota Guerino , sdraiato su un po’ di fieno. Il suo viso è sereno, illuminato dalla tranquillità dei giusti, dei forti.
Giuro che sarà vendicato, non avrò pietà di nessuno. Il fratello si dispera.
Riparto ancora verso la valle: trovo solo bossoli di proiettili, poi fra una macchia di sangue, il portafoglio di Guerino.
Arrivo alla Centrale del telefono, qui faccio tappa, mentre mando un giovanotto a Primaluna dalla Vittoria per procurarci qualche cosa da mangiare.
Degli altri compagni non ho nessuna notizia.
Improvvisamente rintronano colpi di mortaio:ci rifugiamo in attesa del nemico nel bosco. Sono sempre senza orologio: non ho nessuna nozione del tempo.

Martedì 17 ottobre 1944
Mattinata solitaria, resto solo in baita con Rossi, chiacchierando del più e del meno, mentre Topo e Monza vanno alla prima baita per prepararci un po’ di vitto.
Resto solo, penso sempre alla mia situazione, dove andare? Cosa fare? Come trovare un collegamento? Non so come rispondere a queste domande che non trovano facile risposta. 


Archivio Privato Famiglia Manzotti. Comune di Casatenovo.
www.55rosselli.it

venerdì 3 ottobre 2014

Il treno che bucò il fronte


 

Stefano Ballini: “Diventare uomini-libro perché queste storie arrivino a tutti e nessuno ignori quello che è accaduto”


“Ma riesci a raccontare quello che è successo?” 
“Sì…riesco a raccontare ed ancora racconto ciò che è successo. Ma vorrei tanto che la raccontasse qualcun altro per me. Perché è sempre più difficile e doloroso, raccontare e ricordare”.

Le parole di Marcella Dori, sopravvissuta alla strage di Pratale, colpiscono al cuore. Ammutoliscono e suscitano profonda commozione e rispetto verso tutti coloro che ancora portano il pesante fardello e gli indelebili ricordi di quello che è accaduto settant’anni or sono. Una pagina della storia che tanti vorrebbero cancellare e strappare. Una pagina che non avrebbe mai dovuto essere scritta.
Ma è una pagina che non si può e non si deve dimenticare.

“Il treno che bucò il fronte”, documentario di Stefano Ballini sulle stragi nazifasciste di Pratale, Sant’Anna di Stazzema e Marzabotto, è un esercizio di memoria che deve essere mantenuta viva e tramandata di generazione in generazione. 
http://www.eccidiomarzabotto.com/Treno1944.php