IL DIARIO DI SAM (FRANCO MANZOTTI)
Mercoledì 4 ottobre
1944
Nevica,
c’è una bufera terribile: la colonna dei Partigiani cammina lentamente fra il
nevischio: si canta sottovoce la nostra canzone “fischia il vento” che si
accorda benissimo con tutto ciò che ci circonda.
La
marcia è dura, ma i Partigiani marciano allegri, sanno che si incontreranno con
il nemico, sanno che porteranno un aiuto valido ai loro compagni attaccati.
Giovedì 5 ottobre
1944
Si
marcia bene a passo lento ma continuo; è una colonna magnifica; 110 partigiani!
Armati bene si, equipaggiati alla buona: parecchi come me non possono dire di
avere scarpe: ce ne sono diversi con i peduli!
L’acqua
aumenta di intensità, ma si marcia ugualmente. Si arriva al “Passo del Toro” il
posto più duro e più difficile: la neve è alta. La pattuglia che ci precede di
qualche 100 metri batte la pista in modo magnifico.
Il
Passo viene superato in poco meno di un’ora, i ragazzi rendono il massimo.
Alle
19 siamo in vista di Foppabona circa 20’ dalla “Grassi”. Passiamo davanti alle
baite ci si vede ancora un poco, decidiamo di proseguire. Commettiamo un errore
che ci potrebbe costar caro!
Non
abbiamo fatto più di 300 metri, che un nebbione fittissimo ci circonda. È
inutile continuare, non si sa più dove si va! Dietro front a tutta la colonna.
Decidiamo
di dormire o meglio di formare dei gruppi di uomini, uno gettato sopra
all’altro, e così di passare la notte.
E’
una notte infame, piove, tira vento, minaccia ancora una bufera.
Ci
gettiamo uno sopra l’altro. Dovrò ricordare per sempre le cura veramente
materne di Angelo e Gildo: essi mi aiutano in tutto.
Ho le
mani intirizzite, i piedi gelati. Ci but-tiamo in un mucchio . Sam – Gildo –
Angelo – Rino – Giovanni – Bruno. Mangio un po’ di galletta e ho freddo e fame.
Ci stringiamo tutti uniti, sopra ci ricoprono le coperte già macere e
pesantissime per la pioggia. Intorno a me è uno spettacolo indescrivibile: mucchi informi, qualche bisbiglio, qualche
richiamo. Il morale non è per nulla scosso sebbene la situazione non sia
brillante, tutt’altro! Lo spirito Partigiano non cede: ci sentiamo più forti
che mai: qualcuno motteggia,trova ancora il tempo per scherzare!
Comincio
a sentire i piedi freddissimi, mi levo le scarpe: qualche soffio di vento
gelato si infiltra sotto le coperte: l’umidità penetra pian piano nelle ossa:
ci stringiamo sem-pre più uno contro l’altro.
Una
pattuglia del “C.Marx” parte in ricognizione. Dopo un poco si sentono grida di
ri-chiamo, hanno trovato le baite!
Non
si distingue ciò che dicono chiaramente.
Dopo
un po’ di richiami ci alziamo per raggiungerli nella nebbia; il freddo è
intenso,tutti gli uomini sono maceri, nessuno ha mangiato eppure nessuno si
lamenta!
Sono
magnifici questi Partigiani!
Raggiungiamo
le baite. Non ci sembra vero di vedere un tetto, un fuoco acceso, un po’ di
calore che ci circonda. Bruciamo tutto, gambe, madie, tutto ciò che è legno. Gildo
ed Angelo mi preparano il posto nel po’ di fieno che sta sopra.
Passiamo
la notte così, uno vicino all’altro ma non più all’aperto.
Fuori
la bufera è incessante, aumenta sempre di intensità! Faccio asciugare tutto, mi
sento alquanto bene.
La
vita Partigiana è bella, perché piena di imprevisti, di fatti nuovi che si
accavallano con vorticosa rapidità.
Anche
oggi è passato, una grande gioia è in me; i Partigiani hanno affrontato una
lunga marcia, una sosta all’addiaccio con una fierezza, un senso del dovere che
commuove.
Domenica 8 ottobre
1944
Ore
19 arriva Gildo, sudato, bagnato, avvilito porta notizie gravi.
La
squadra del “C.Marx” partita questa notte per “insaccare” i fascisti è stata
“insaccata”. Attaccata improvvisamente a colpi di mortaio e di mitragliatrice
pesante, fu un fuggi fuggi generale: sembra vi siano dei morti.
Sono
quasi convinto che ciò è dovuto a cause evidenti: imboscate tese senza
convinzione, con leggerezza, sicuri di essere sempre i più forti.
Svalutazione
esagerata ed errata sul coraggio e la preparazione tecnica del nemico. Se si
pensasse che essi sono armati meglio di noi, che davanti alla morte tutti
combattono con lo spirito fortissimo di conservazione; ciò certamente non
succederebbe.
Arrivano
alla spicciolata i vari sbandati tutti insistono dicendo che fu un fuoco improvviso,
bestiale, scatenato da tutte le parti.
Parecchi
mancano ancora all’appello, rientrano i mortaisti: il tiro fu ben fatto,
parecchi colpi sono caduti nel parco della villa. Attendo notizie certe.
Da
Premana si sa con certezza che il morale fascista è rimasto scosso in seguito
al bombardamento di ieri sera.
Un
ferito fra la popolazione civile. Sono sempre in ansia per coloro che non sono
ancora tornati. Fra costoro vi è Pucci– Andrea- Guglielmo – tre miei
compaesani. Mi dicono che Pucci fu visto cadere nettamente colpito dalla
pesante. Mi dice Toni di Premana che Pucci lo chiamò dicendo << Vieni
Toni che sto morendo >>. Non mi so raccapezzare come mai Pucci sia
caduto, un gran bravo ragazzo , molto ubbidiente, non so se valoroso perché mai
visto alla prova.
La
sua morte ha addolorato tutto il Distaccamento, era rinomato ed amato per la
sua sveltezza. Sono profondamente addolorato, non so come potrò dare notizia
alla famiglia.
Di
Ernesto – di Guglielmo tutti ignorano la sorte.
Lunedì 9 ottobre
1944
Ritorno
all’accantonamento, mi aspetta la più bella sorpresa : Pucci è rientrato.
Per
me è come rivedere un morto, resto ammutolito, non so cosa dire tanto è grande
la gioia che mi sorprende. Ne mancano ancora due, ma ho fiducia che anch’essi
torneranno.
Il
tempo è qualche cosa di indecente: piova a dirotto, ovunque fango e nebbia: non
fa nulla abbiamo fede nella nostra giusta lotta,siamo sicuri che questi
sacrifici daranno senz’altro i loro frutti.
Rientra
la pattuglia da Introbio, nulla di nuovo, sembra che i fascisti se ne vadano domani.
Martedì 10 ottobre
1944
Dalle
14.30 mancano Gildo – Angelo – ( ----- ). Non so spiegarmi il perché, il motivo
della loro diserzione: proprio in questi momenti in cui tutti dobbiamo essere
vicini per essere forti, gli anziani, quelli che io davanti al pericolo
giudicavo i più decisi se ne vanno.
Qualcuno
mi dice che li ha sentiti mormorare che l’armamento è pessimo: ma non lo sapevano
prima? Perché se ne sono andati così, senza nemmeno dirmi il motivo, senza salutarmi?
Consiglio
e ordino a Pepp di uscire questa notte con una pattuglia, per sondare le intenzioni
ed i movimenti del nemico, dato che le voci del popolo assicurano che vogliono puntare,
entrare, bruciare tutta Biandino.
Mercoledì 11
ottobre 1944
Mi
sveglio alle 5: c’è la luna, mi arrabbio con Pepp perché non è ancora uscito a
prendere posizione: sento che oggi vi sarà battaglia, sono spiritualmente
pronto ad affrontare qualsiasi situazione.
Ore 8
– Incomincia l’attacco! Sostenuto da un fuoco alquanto possente di mortai, di armi
pesanti, il nemico attacca improvvisamente: la pattuglia del “Croce” che tiene
Abi sopra di noi si lascia sorprendere.
Padroni
della cresta il nemico crivella la valle con tutte le armi: il corpo di guardia
del “C.Marx” situato nelle baite della Scala è preso dall’alto e deve abbandonare
il posto.
Io
sono solo con Piero e due ragazzi di Piazzo
.
Esco
dal “Tavecchia” tento di osservare con il binocolo ma sono subito inquadrato
nel tiro.
La
situazione precipita, per noi non c’è nulla da fare; scende precipitosamente un
Partigiano da Abi, fatto segno di un fuoco che è veramente tragico.
Mi dà
le seguenti notizie: il Comandante Ugo con tutti gli uomini ( 16 circa) è
rimasto circondato nelle baite, la sua fine è segnata. Tento di organizzare
subito una squadra di soccorso ma siamo in 3 e poi vedo la baita circondata e
già fumante. Mi ritiro verso la Pio, con Mario e l’interprete Russo; vedo gli
SS scendere precipitosamente, dove passano incendiano! Pur odiandoli, pur
soffrendo li ammiro per il loro
coraggio, per la loro estrema decisione.
Non
ho nozione del tempo: nessuno di noi ha l’orologio. (----------) l’All. Uff.
Rossi, l’avrò tutto il giorno con me, mi ha dato prove di essere un ottimo
ragazzo. Brucia il Tavecchia, la S.E.L., poi la Pio X, Biandino è distrutto;
tutte le nostre basi sono schiantate: vedo tutto ciò con uno strazio indicibile:
lì avevo passato giorni felici, lì avevamo organizzato tutto il nuovo movimento
partigiano: ho l’impressione che tutto sia schiantato, che la nostra organizzazione
non esista più.
Osservo
i SS, salire verso la “Grassi”, esco dal rifugio e vado in cerca dei
compagni:nessuno! Prima della S.E.L. una voce mi chiama, è Toni: mi informa che
probabilmente Pepp – Guerino – Nino, sono caduti in imboscata, Toni è
agitatissimo, non capisce più nulla.
Scendo
con Mario alla ricerca di eventuali feriti o morti. Passate le Scale, scorgo un
uomo a terra, ci vede, si rialza barcollante: mi avvicino, è Guerino
pallidissimo, ansante col ventre insanguinato, perde un pezzo di budella.
Lo
trasportiamo piano piano verso le baite:sono certo che non vedrà l’alba.
Dimostra un coraggio veramente leonino: sorride pure conscio e persuaso della
sua fine.
Mi
sento nuovamente chiamare: credo sia un altro ferito, è invece Vincenzo che sbuca
fuori sano e salvo, tremante e bagnato fradicio.
Mentre
Mario e Vincenzo trasportano Guerino,io scendo ancora verso la valle alla ricerca
di altri compagni: dopo un po’ Mario mi chiama, è arrivato Carletto (Roberto) il
fratello di Guerino. Li lascio mentre corro in Biandino alla “Chiesetta del
Fulat”, per pigliare un po’ di medicinali.
Parte
Rossi con lo zaino mentre io mi asciugo alla stufa, sono alquanto stanco, mi addolora
la fine di Guerino: il primo caduto del “C.Marx” del I^ Btg. Arriva più tardi
Mario ci scaldiamo ancora un po’, poi andiamo a dormire.
Giovedì 12 ottobre
1944
Ci
alziamo presto: partiamo alla ricerca di altri compagni. Giriamo intorno alle
baite,agli alberghi bruciati: troviamo qualche coperta, qualche giacca: sembra
proprio che siano passati dei barbari!
Scendiamo
per vedere Guerino:troviamo lungo la strada Rossi e Vincenzo: la notizia che mi
danno non mi sorprende:
Alle
23,30 circa il Patriota Guerino del “C.Marx” in piena lucidità di mente ha
cessato di vivere.
Vado
a vederlo: in una grotta sotto un sasso giace il Patriota Guerino , sdraiato su
un po’ di fieno. Il suo viso è sereno, illuminato dalla tranquillità dei
giusti, dei forti.
Giuro
che sarà vendicato, non avrò pietà di nessuno. Il fratello si dispera.
Riparto
ancora verso la valle: trovo solo bossoli di proiettili, poi fra una macchia di
sangue, il portafoglio di Guerino.
Arrivo
alla Centrale del telefono, qui faccio tappa, mentre mando un giovanotto a Primaluna
dalla Vittoria per procurarci qualche cosa da mangiare.
Degli
altri compagni non ho nessuna notizia.
Improvvisamente
rintronano colpi di mortaio:ci rifugiamo in attesa del nemico nel bosco. Sono
sempre senza orologio: non ho nessuna nozione del tempo.
Martedì 17 ottobre
1944
Mattinata
solitaria, resto solo in baita con Rossi, chiacchierando del più e del meno, mentre
Topo e Monza vanno alla prima baita per prepararci un po’ di vitto.
Resto
solo, penso sempre alla mia situazione, dove andare? Cosa fare? Come trovare un
collegamento? Non so come rispondere a queste domande che non trovano facile risposta.
Archivio Privato Famiglia Manzotti. Comune di Casatenovo.
www.55rosselli.it