sabato 22 novembre 2014

Denuncia dell’ANPI della provocazione neofascista a Niguarda

http://www.niguarda.eu/images/niguarda_antifascista_1.jpg 

L’ANPI Provinciale di Milano denuncia il gravissimo episodio accaduto nella notte di giovedì 20 Novembre a Niguarda ad opera di neofascisti che hanno deturpato il murale dedicato a Gina Galeotti Bianchi, nome di battaglia “Lia”, uccisa dai nazifascisti il 24 Aprile 1945.
Particolarmente danneggiata è stata la scritta di Piero Calamandrei “l’avrai camerata Kesserling il monumento che pretendi da noi Italiani”.
L’ANPI di Niguarda ha provveduto ad inoltrare denuncia presso le autorità competenti.
Mentre rileviamo con crescente preoccupazione il pericoloso susseguirsi di movimenti e di manifestazioni neofasciste a Milano, città medaglia d’oro della Resistenza, invitiamo le Istituzioni e le forze preposte alla difesa dell’ordine pubblico a perseguire gli autori di questo provocatorio atto che si pone contro i valori della Resistenza e della Costituzione Repubblicana.

lunedì 10 novembre 2014

far conoscere la Costituzione


"Il problema fondamentale è vincere l'indifferenza della gente non solo di fronte di episodi di aperta apologia di fascismo, ma della cosa pubblica in generale. Non sembra che la gran parte dell'opinione pubblica e della cittadinanza reagisca con indignazione e sdegno di fronte a provocatorie iniziative neofasciste e leghiste che sembrano scivolare via come acqua. La ragione sta nel fatto che, se il fascismo è stato sconfitto militarmente il 25 aprile 1945, non lo è stato culturalmente, storicamente e idealmente.
I problemi quindi riguardano sia la pressochè totale indifferenza dell'opinione pubblica sia le modalità per scuoterla. Per farlo dobbiamo avviare una forte ed estesa controffensiva sul piano culturale, ideale e storico, partendo dal far conoscere la Costituzione repubblicana nelle scuole di ogni ordine e grado."

Roberto Cenati alla conferenza Provinciale di organizzazione Sabato 8 Novembre 2014

mercoledì 5 novembre 2014


RICORDO LA LUCE – 1944–2014  
Dalla Repubblica dell’Ossola alla ricostruzione di Milano 


Si apre martedì 11 novembre 2014 alle 18.30, presso la Triennale di Milano, una mostra dedicata all'esperimento democratico della Repubblica partigiana  dell'Ossola e ai valori che la ressero e che tornarono nelle menti, negli uomini e nelle donne che ricostruirono Milano e l'intero Paese. 


Orari
Martedi - Domenica 
10.30 - 20.30 
Giovedi 
10.30 - 23.00
Ingresso Libero (in mostra fino al 30 novembre 2014)
 
http://www.triennale.it/it/mostre/future/3730-ricordo-la-luce-19442014-dalla-repubblica-dellossola-alla-ricostruzione-di-milano#.VFqT22ejmj8

venerdì 10 ottobre 2014

rastrellamenti partigiani dell'ottobre 1944



IL DIARIO DI SAM (FRANCO MANZOTTI)


Mercoledì 4 ottobre 1944
Nevica, c’è una bufera terribile: la colonna dei Partigiani cammina lentamente fra il nevischio: si canta sottovoce la nostra canzone “fischia il vento” che si accorda benissimo con tutto ciò che ci circonda.
La marcia è dura, ma i Partigiani marciano allegri, sanno che si incontreranno con il nemico, sanno che porteranno un aiuto valido ai loro compagni attaccati.

Giovedì 5 ottobre 1944
Si marcia bene a passo lento ma continuo; è una colonna magnifica; 110 partigiani! Armati bene si, equipaggiati alla buona: parecchi come me non possono dire di avere scarpe: ce ne sono diversi con i peduli!
L’acqua aumenta di intensità, ma si marcia ugualmente. Si arriva al “Passo del Toro” il posto più duro e più difficile: la neve è alta. La pattuglia che ci precede di qualche 100 metri batte la pista in modo magnifico.
Il Passo viene superato in poco meno di un’ora, i ragazzi rendono il massimo.
Alle 19 siamo in vista di Foppabona circa 20’ dalla “Grassi”. Passiamo davanti alle baite ci si vede ancora un poco, decidiamo di proseguire. Commettiamo un errore che ci potrebbe costar caro!
Non abbiamo fatto più di 300 metri, che un nebbione fittissimo ci circonda. È inutile continuare, non si sa più dove si va! Dietro front a tutta la colonna.
Decidiamo di dormire o meglio di formare dei gruppi di uomini, uno gettato sopra all’altro, e così di passare la notte.
E’ una notte infame, piove, tira vento, minaccia ancora una bufera.
Ci gettiamo uno sopra l’altro. Dovrò ricordare per sempre le cura veramente materne di Angelo e Gildo: essi mi aiutano in tutto.
Ho le mani intirizzite, i piedi gelati. Ci but-tiamo in un mucchio . Sam – Gildo – Angelo – Rino – Giovanni – Bruno. Mangio un po’ di galletta e ho freddo e fame. Ci stringiamo tutti uniti, sopra ci ricoprono le coperte già macere e pesantissime per la pioggia. Intorno a me è uno spettacolo indescrivibile:  mucchi informi, qualche bisbiglio, qualche richiamo. Il morale non è per nulla scosso sebbene la situazione non sia brillante, tutt’altro! Lo spirito Partigiano non cede: ci sentiamo più forti che mai: qualcuno motteggia,trova ancora il tempo per scherzare!
Comincio a sentire i piedi freddissimi, mi levo le scarpe: qualche soffio di vento gelato si infiltra sotto le coperte: l’umidità penetra pian piano nelle ossa: ci stringiamo sem-pre più uno contro l’altro.
Una pattuglia del “C.Marx” parte in ricognizione. Dopo un poco si sentono grida di ri-chiamo, hanno trovato le baite!
Non si distingue ciò che dicono chiaramente.
Dopo un po’ di richiami ci alziamo per raggiungerli nella nebbia; il freddo è intenso,tutti gli uomini sono maceri, nessuno ha mangiato eppure nessuno si lamenta!
Sono magnifici questi Partigiani!
Raggiungiamo le baite. Non ci sembra vero di vedere un tetto, un fuoco acceso, un po’ di calore che ci circonda. Bruciamo tutto, gambe, madie, tutto ciò che è legno. Gildo ed Angelo mi preparano il posto nel po’ di fieno che sta sopra.
Passiamo la notte così, uno vicino all’altro ma non più all’aperto.
Fuori la bufera è incessante, aumenta sempre di intensità! Faccio asciugare tutto, mi sento alquanto bene.
La vita Partigiana è bella, perché piena di imprevisti, di fatti nuovi che si accavallano con vorticosa rapidità.
Anche oggi è passato, una grande gioia è in me; i Partigiani hanno affrontato una lunga marcia, una sosta all’addiaccio con una fierezza, un senso del dovere che commuove.

Domenica 8 ottobre 1944

Ore 19 arriva Gildo, sudato, bagnato, avvilito porta notizie gravi.
La squadra del “C.Marx” partita questa notte per “insaccare” i fascisti è stata “insaccata”. Attaccata improvvisamente a colpi di mortaio e di mitragliatrice pesante, fu un fuggi fuggi generale: sembra vi siano dei morti.
Sono quasi convinto che ciò è dovuto a cause evidenti: imboscate tese senza convinzione, con leggerezza, sicuri di essere sempre i più forti.
Svalutazione esagerata ed errata sul coraggio e la preparazione tecnica del nemico. Se si pensasse che essi sono armati meglio di noi, che davanti alla morte tutti combattono con lo spirito fortissimo di conservazione; ciò certamente non succederebbe.
Arrivano alla spicciolata i vari sbandati tutti insistono dicendo che fu un fuoco improvviso, bestiale, scatenato da tutte le parti.
Parecchi mancano ancora all’appello, rientrano i mortaisti: il tiro fu ben fatto, parecchi colpi sono caduti nel parco della villa. Attendo notizie certe.
Da Premana si sa con certezza che il morale fascista è rimasto scosso in seguito al bombardamento di ieri sera.
Un ferito fra la popolazione civile. Sono sempre in ansia per coloro che non sono ancora tornati. Fra costoro vi è Pucci– Andrea- Guglielmo – tre miei compaesani. Mi dicono che Pucci fu visto cadere nettamente colpito dalla pesante. Mi dice Toni di Premana che Pucci lo chiamò dicendo << Vieni Toni che sto morendo >>. Non mi so raccapezzare come mai Pucci sia caduto, un gran bravo ragazzo , molto ubbidiente, non so se valoroso perché mai visto alla prova.
La sua morte ha addolorato tutto il Distaccamento, era rinomato ed amato per la sua sveltezza. Sono profondamente addolorato, non so come potrò dare notizia alla famiglia.
Di Ernesto – di Guglielmo tutti ignorano la sorte.
Lunedì 9 ottobre 1944

Ritorno all’accantonamento, mi aspetta la più bella sorpresa : Pucci è rientrato.
Per me è come rivedere un morto, resto ammutolito, non so cosa dire tanto è grande la gioia che mi sorprende. Ne mancano ancora due, ma ho fiducia che anch’essi torneranno.
Il tempo è qualche cosa di indecente: piova a dirotto, ovunque fango e nebbia: non fa nulla abbiamo fede nella nostra giusta lotta,siamo sicuri che questi sacrifici daranno senz’altro i loro frutti.
Rientra la pattuglia da Introbio, nulla di nuovo, sembra che i fascisti se ne vadano domani.
Martedì 10 ottobre 1944

Dalle 14.30 mancano Gildo – Angelo – ( ----- ). Non so spiegarmi il perché, il motivo della loro diserzione: proprio in questi momenti in cui tutti dobbiamo essere vicini per essere forti, gli anziani, quelli che io davanti al pericolo giudicavo i più decisi se ne vanno.
Qualcuno mi dice che li ha sentiti mormorare che l’armamento è pessimo: ma non lo sapevano prima? Perché se ne sono andati così, senza nemmeno dirmi il motivo, senza salutarmi?
Consiglio e ordino a Pepp di uscire questa notte con una pattuglia, per sondare le intenzioni ed i movimenti del nemico, dato che le voci del popolo assicurano che vogliono puntare, entrare, bruciare tutta Biandino.
Mercoledì 11 ottobre 1944
Mi sveglio alle 5: c’è la luna, mi arrabbio con Pepp perché non è ancora uscito a prendere posizione: sento che oggi vi sarà battaglia, sono spiritualmente pronto ad affrontare qualsiasi situazione.
Ore 8 – Incomincia l’attacco! Sostenuto da un fuoco alquanto possente di mortai, di armi pesanti, il nemico attacca improvvisamente: la pattuglia del “Croce” che tiene Abi sopra di noi si lascia sorprendere.
Padroni della cresta il nemico crivella la valle con tutte le armi: il corpo di guardia del “C.Marx” situato nelle baite della Scala è preso dall’alto e deve abbandonare il posto.
Io sono solo con Piero e due ragazzi di Piazzo
.
Esco dal “Tavecchia” tento di osservare con il binocolo ma sono subito inquadrato nel tiro.
La situazione precipita, per noi non c’è nulla da fare; scende precipitosamente un Partigiano da Abi, fatto segno di un fuoco che è veramente tragico.
Mi dà le seguenti notizie: il Comandante Ugo con tutti gli uomini ( 16 circa) è rimasto circondato nelle baite, la sua fine è segnata. Tento di organizzare subito una squadra di soccorso ma siamo in 3 e poi vedo la baita circondata e già fumante. Mi ritiro verso la Pio, con Mario e l’interprete Russo; vedo gli SS scendere precipitosamente, dove passano incendiano! Pur odiandoli, pur soffrendo  li ammiro per il loro coraggio, per la loro estrema decisione.
Non ho nozione del tempo: nessuno di noi ha l’orologio. (----------) l’All. Uff. Rossi, l’avrò tutto il giorno con me, mi ha dato prove di essere un ottimo ragazzo. Brucia il Tavecchia, la S.E.L., poi la Pio X, Biandino è distrutto; tutte le nostre basi sono schiantate: vedo tutto ciò con uno strazio indicibile: lì avevo passato giorni felici, lì avevamo organizzato tutto il nuovo movimento partigiano: ho l’impressione che tutto sia schiantato, che la nostra organizzazione non esista più.
Osservo i SS, salire verso la “Grassi”, esco dal rifugio e vado in cerca dei compagni:nessuno! Prima della S.E.L. una voce mi chiama, è Toni: mi informa che probabilmente Pepp – Guerino – Nino, sono caduti in imboscata, Toni è agitatissimo, non capisce più nulla.
Scendo con Mario alla ricerca di eventuali feriti o morti. Passate le Scale, scorgo un uomo a terra, ci vede, si rialza barcollante: mi avvicino, è Guerino pallidissimo, ansante col ventre insanguinato, perde un pezzo di budella.
Lo trasportiamo piano piano verso le baite:sono certo che non vedrà l’alba. Dimostra un coraggio veramente leonino: sorride pure conscio e persuaso della sua fine.
Mi sento nuovamente chiamare: credo sia un altro ferito, è invece Vincenzo che sbuca fuori sano e salvo, tremante e bagnato fradicio.
Mentre Mario e Vincenzo trasportano Guerino,io scendo ancora verso la valle alla ricerca di altri compagni: dopo un po’ Mario mi chiama, è arrivato Carletto (Roberto) il fratello di Guerino. Li lascio mentre corro in Biandino alla “Chiesetta del Fulat”, per pigliare un po’ di medicinali.

Parte Rossi con lo zaino mentre io mi asciugo alla stufa, sono alquanto stanco, mi addolora la fine di Guerino: il primo caduto del “C.Marx” del I^ Btg. Arriva più tardi Mario ci scaldiamo ancora un po’, poi andiamo a dormire.
Giovedì 12 ottobre 1944
Ci alziamo presto: partiamo alla ricerca di altri compagni. Giriamo intorno alle baite,agli alberghi bruciati: troviamo qualche coperta, qualche giacca: sembra proprio che siano passati dei barbari!
Scendiamo per vedere Guerino:troviamo lungo la strada Rossi e Vincenzo: la notizia che mi danno non mi sorprende:
Alle 23,30 circa il Patriota Guerino del “C.Marx” in piena lucidità di mente ha cessato di vivere.
Vado a vederlo: in una grotta sotto un sasso giace il Patriota Guerino , sdraiato su un po’ di fieno. Il suo viso è sereno, illuminato dalla tranquillità dei giusti, dei forti.
Giuro che sarà vendicato, non avrò pietà di nessuno. Il fratello si dispera.
Riparto ancora verso la valle: trovo solo bossoli di proiettili, poi fra una macchia di sangue, il portafoglio di Guerino.
Arrivo alla Centrale del telefono, qui faccio tappa, mentre mando un giovanotto a Primaluna dalla Vittoria per procurarci qualche cosa da mangiare.
Degli altri compagni non ho nessuna notizia.
Improvvisamente rintronano colpi di mortaio:ci rifugiamo in attesa del nemico nel bosco. Sono sempre senza orologio: non ho nessuna nozione del tempo.

Martedì 17 ottobre 1944
Mattinata solitaria, resto solo in baita con Rossi, chiacchierando del più e del meno, mentre Topo e Monza vanno alla prima baita per prepararci un po’ di vitto.
Resto solo, penso sempre alla mia situazione, dove andare? Cosa fare? Come trovare un collegamento? Non so come rispondere a queste domande che non trovano facile risposta. 


Archivio Privato Famiglia Manzotti. Comune di Casatenovo.
www.55rosselli.it

venerdì 3 ottobre 2014

Il treno che bucò il fronte


 

Stefano Ballini: “Diventare uomini-libro perché queste storie arrivino a tutti e nessuno ignori quello che è accaduto”


“Ma riesci a raccontare quello che è successo?” 
“Sì…riesco a raccontare ed ancora racconto ciò che è successo. Ma vorrei tanto che la raccontasse qualcun altro per me. Perché è sempre più difficile e doloroso, raccontare e ricordare”.

Le parole di Marcella Dori, sopravvissuta alla strage di Pratale, colpiscono al cuore. Ammutoliscono e suscitano profonda commozione e rispetto verso tutti coloro che ancora portano il pesante fardello e gli indelebili ricordi di quello che è accaduto settant’anni or sono. Una pagina della storia che tanti vorrebbero cancellare e strappare. Una pagina che non avrebbe mai dovuto essere scritta.
Ma è una pagina che non si può e non si deve dimenticare.

“Il treno che bucò il fronte”, documentario di Stefano Ballini sulle stragi nazifasciste di Pratale, Sant’Anna di Stazzema e Marzabotto, è un esercizio di memoria che deve essere mantenuta viva e tramandata di generazione in generazione. 
http://www.eccidiomarzabotto.com/Treno1944.php


lunedì 22 settembre 2014

Sant'Anna di Stazzema

 

LA MEMORIA ...

"Siccome eravamo bambini tutti piccoli, la mi mamma ci nascose in un bosco e si rimase in quel bosco fino a che non si sentì degli spari. Finiti gli spari, quando fu tutto calmo, si sparse la voce che avevan distrutto il paese e che avevano ammazzato la gente."
Luciano Lazzeri, superstite dell’eccidio di Sant'Anna di Stazzema

Per non dimenticare

Gli orrori di una guerra, di tutte le guerre

A Sant’Anna di Stazzema, la mattina del 12 agosto 1944, si consumò uno dei più atroci crimini commessi ai danni delle popolazioni civili nel secondo dopoguerra in Italia.

La furia omicida dei nazi-fascisti si abbattè, improvvisa e implacabile, su tutto e su tutti. Nel giro di poche ore, nei borghi del piccolo paese, alla Vaccareccia, alle Case, al Moco, al Pero, ai Coletti, centinaia e centinaia di corpi rimasero a terra, senza vita, trucidati, bruciati, straziati.

Quel mattino di agosto a Sant’Anna uccisero i nonni, le madri, uccisero i figli e i nipoti. Uccisero i paesani ed uccisero gli sfollati, i tanti saliti, quassù, in cerca di un rifugio dalla guerra. Uccisero Anna, l’ultima nata nel paese di appena 20 giorni, uccisero Evelina, che quel mattino aveva le doglie del parto, uccisero Genny, la giovane madre che, prima di morire, per difendere il suo piccolo Mario, scagliò il suo zoccolo in faccia al nazista che stava per spararle, uccisero il prete Innocenzo, che implorava i soldati nazisti perché risparmiassero la sua gente, uccisero gli otto fratellini Tucci, con la loro mamma. 560 ne uccisero, senza pietà in preda ad una cieca furia omicida. Indifesi, senza responsabilità, senza colpe. E poi il fuoco, a distruggere i corpi, le case, le stalle, gli animali, le masserizie. A Sant’Anna, quel giorno, uccisero l’umanità intera.

La strage di Sant’Anna di Stazzema desta ancora oggi un senso di sgomento e di profonda desolazione civile e morale, poiché rappresenta una delle pagine più brutali della barbarie nazifascista, il cancro che aveva colpito l’Europa e che devastò i valori della democrazia e della tolleranza. Rappresentò un odioso oltraggio compiuto ai danni della dignità umana. Quel giorno l’uomo decise di negare se stesso, di rinunciare alla difesa ed al rispetto della persona e dei diritti in essa radicati.
 

mercoledì 4 giugno 2014

70° anniversario della fondazione dell'ANPI



Il 6 e 7 giugno p.v. l'ANPI celebrerà a Roma il 70° anniversario della sua fondazione, che avvenne appunto il 6 giugno 1944, in Campidoglio, a soli due giorni dalla liberazione della città Roma. I promotori, partigiani delle formazioni cittadine e delle brigate che avevano operato a ridosso dei due fronti, di Cassino e Anzio, nel deporre le armi e dedicarsi all'avvio della democrazia nella città ritornata capitale d'Italia, vollero creare un sodalizio che riunisse i reduci, fosse di sostegno ai familiari dei caduti, promuovesse gli ideali patriottici, di libertà e solidarietà umana che avevano animato la Resistenza e spinto molti di loro ad unirsi ai combattenti del rinnovato esercito italiano integrato nelle forze armate alleate. A tali propositi l'ANPI è stata coerentemente fedele in questi 70 anni di vita repubblicana, perseguendo il bene comune, nel nome dei valori democratici che la Costituzione ha recepito dagli oppositori al regime fascista e dal popolo italiano che nella grande maggioranza ha espresso e sostenuto la lotta partigiana contro occupanti nazisti e collaborazionisti subendo anche innumerevoli stragi, persecuzioni di innocenti ed atti di vera barbarie.
A partire dal 2006, l’ANPI si è poi arricchita della presenza e partecipazione attiva di molti “antifascisti” che si riconoscevano nelle sue finalità statutarie e di tantissimi giovani. Ciò ne fa oggi una prestigiosa garante del rispetto, difesa ed attuazione della Costituzione e dei valori che in essa sono espressi. Una garanzia che nasce non solo dalla presenza di più di 130.000 iscritti, ma anche dalla autorevolezza di un’Associazione che è stata definita, in un importante documento giudiziario, come “erede e successore” dei valori resistenziali. Insomma, un’Associazione fortemente radicata nel migliore passato del nostro Paese, ma che guarda costantemente al futuro, nella speranza che si realizzino al meglio i sogni, le attese e le speranze dei combattenti per la libertà.

lunedì 28 aprile 2014

la Resistenza...

 
“La Resistenza non è un pezzo da museo, non deve essere mummificata, appartiene alla nostra vita, deve essere un elemento dell'impegno civile di ogni giorno”
                                                 
                                                          Aldo Aniasi

giovedì 3 aprile 2014

BANDO DI SELEZIONE per il Festival Teatrale di Resistenza 2014


BANDO DI SELEZIONE per il 
Festival Teatrale di Resistenza 2014

l Festival Teatrale dedicato alla Memoria, giunto alla sua 13a Edizione presso il Museo Cervi, da alcuni anni si è tradotto in Premio, con una preselezione degli spettacoli individuati attraverso la visione e l’analisi dei materiali pervenuti. Gli spettacoli scelti verranno quindi presentati nel mese di luglio e premiati da una giuria di esperti e dal pubblico.  


I Premi verranno consegnati il 25 luglio 2014 nel corso della serata della